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Martedì, 16 Aprile 2024
S.M. Leuca Patù

Veleni interrati, si scava ancora. La nuova crociata per l'ambiente e il terrore diossina

In località "Pozzo Volito", nei pressi di Patù, le ruspe e il Noe sono tornati all'opera. Oggi nessun nuovo ritrovamento, ma i lavori proseguiranno. Ieri anche ritrovamenti nella zona di Tricase, nei giorni scorsi ad Alessano. E solo alcuni mesi addietro, le polemiche sui casi Schiavone e Galati

PATU’ – La nuova giornata di scavi non ha portato ad altri ritrovamenti. Resta tutto come ieri. Ben magra consolazione per chi abita in zona. Fra Patù e San Gregorio, ma per estensione in tutto il Capo di Leuca, la mano di Dio ha scolpito un territorio nella pietra che viene quasi naturale definire “incontaminato”. Termine che spesso si usa per descrivere la rude bellezza di un paesaggio antico, ma che cozza con quanto sta vomitando la terra negli ultimi tempi.

Oggi gli operai a bordo di ruspe, sotto lo sguardo attento dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico, hanno scavato a fondo in alcuni terreni di campagna adiacenti al luogo in cui ieri sono sbucati veleni interrati quasi certamente decine di anni or sono.

I nuovi sondaggi in località “Pozzo Volito”, dove un tempo sorgeva un canalone, sono terminati nel pomeriggio senza ulteriori rinvenimenti di materiale di scarto del settore calzaturiero. Questo non significa che le operazioni finiscano qui. Anzi. I militari specializzati nella tutela ambientale, diretti dal maggiore Nicola Candido, vogliono andare a fondo nella questione. Letteralmente. Ecco perché gli scavi proseguiranno nei prossimi giorni, ma compatibilmente con le condizioni atmosferiche: i bollettini meteo, per ora, non sono clementi.

E' bene riepilogare un po' l'intera vicenda, andando a ritroso, per rinverdire anche come tutto è nato. Ieri, dunque, nuove conferme di vecchi sospetti. Con un decreto d’ispezione d’urgenza, i militari si sono presentati sia nel giardino di pertinenza di una villa, sia nelle vicinanze, laddove varie fonti avevano già indicato la presenza di scarti sepolti.

Ottenuta l’autorizzazione del sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone, sono iniziati i carotaggi. E in cinque casi su quindici saggi del terreno, a una profondità di circa 3 metri, sono sbucati quelli che tecnicamente si definiscono “rifiuti speciali”, che necessiterebbero di particolari trattamenti per lo smaltimento. Fra questi, ritagli e cascami di pellame, plastiche, gomme e colle. Non sono mancati nemmeno i più comuni inerti da demolizioni edili.

Risale sempre a ieri un altro ritrovamento, a Tricase, lungo la via per Alessano, a poca distanza dalla cripta della Madonna del Gonfalone, di rifiuti sepolti. E sempre sotto 3 metri di terreno. Ancora pellami e scarti di lavorazione di concerie. Con un ulteriore sospetto che fa salire la tensione: che qui, dove sorgeva una discarica chiusa nel 1995, ma mai bonificata, siano finiti anche rifiuti ospedalieri.

Si tratta di un filone d’inchiesta diverso, in mano al procuratore aggiunto Ennio Cillo e con indagini affidate alla guardia di finanza del comando provinciale, ma che inevitabilmente forma un parallelismo con la vicenda di Patù.

Quello su cui la Procura di Lecce e i militari diretti dal colonnello Vincenzo Di Rella stanno facendo luce, è una serie di illeciti ambientali consumati per ironia della sorte lungo il tracciato su cui nascerà la nuova strada statale 275 Maglie-Leuca. Sulla stessa scia, prima ancora della scoperta dei rifiuti interrati a Tricase, c’era stata quella nella vicina "Contrada Matine", nei pressi di Alessano. Anche in quel caso, scarti della lavorazione di calzaturifici finiti nel sottosuolo.

E mentre monta il timore che la falda possa essere stata contaminata da diossina (solo analisi approfondite potranno appurare se i livelli sono tali da destare preoccupazione), un nemico subdolo e invisibile, è impossibile non menzionare la polemica innescata mesi addietro, dopo le dichiarazioni di Carmine Schiavone, pentito del clan dei Casalesi, rilasciate nel lontano 1997 e desecretate dalla Camera, riguardanti i traffici di sostanze tossiche che avrebbero toccato anche il Salento. Si disse, in quei giorni, come fossero troppo generiche e senza riferimenti precisi. Il che era sostanzialmente vero.

Poi, però, sull’onda emotiva, sono state rievocate anche altre dichiarazioni successive, rilasciate da un altro pentito, ma questa volta salentino. Si tratta di Silvano Galati, dissociatosi nel 2005 dal clan Cucurachi dopo il suo arresto. Le sue parole avevano portato a un procedimento, conclusosi con la condanna di due imputati per la gestione e lo scarico illecito di rifiuti pericolosi, come ricordato dal procuratore generale Giuseppe Vignola. E questo a scanso d’equivoci. Menzionando quindi una vicenda che all’epoca era passata probabilmente sottotraccia e forse perché ancora non era così alta la soglia dell’attenzione verso certe tematiche, né nota la dimensione del fenomeno.

Ma è comunque vero che repitata iuvant, se, sulla scorta di dibattiti, rivelazioni, smentite, rettifiche, anche per rassicurare gli animi un po’ surriscaldati di una popolazione assetata di verità, si è comunque giunti di recente anche alla formazione di una task-force interforze che ha aperto ufficialmente le attività ai primi di febbraio, sondando alcuni terreni intorno a Supersano.

Proprio lì, dove già nel 2004, le immagini realizzate con tecnologia Multispectral infrared and visible imaging  da un elicottero dei carabinieri del Noe giunto da Napoli ed elaborate dal Centro nazionale per le ricerche, avevano già messo in evidenza una temperatura più alta in alcuni terreni rispetto alla media delle aree circostanti.

Una cosa è certa: questa nuova stagione di crociate per l’ambiente, nata non certo per caso (il procuratore Cillo in particolare è da sempre molto attento alla problematica), ma che comunque ha subito una netta accelerata, potrebbe riservare, prossimamente, nuove e non proprio felici sorprese. Le indagini, in fin dei conti, sono solo all’inizio. E il territorio è molto vasto.     

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